La vendita della nuda proprietà: garanzia di liquidità e usufrutto a vita
L’Italiano è abituato a considerare l’acquisto della casa non soltanto come bene primario da usare per sé e per la famiglia, ma anche come “rifugio” e salvadanaio.
Questa situazione ha condotto l’Italia ad essere uno dei primi Paesi al mondo per numero di proprietari di case. Si calcola infatti che circa il 75% della popolazione sia titolare della propria “prima” casa, ma esiste un cospicuo numero di proprietari con più unità abitative (seconde case al mare o in montagna, immobili destinati ad investimento).
Cambiando il vento dell’economia e aumentando le difficoltà, anche questa tendenza è mutata, fino ad una vera e propria “retromarcia”. L’ultimo episodio è costituito dall’innalzarsi dei tassi di interesse che ha contribuito all’inasprirsi delle condizioni economiche di chi si trova a far fronte a rate di mutuo il cui importo è “esploso” negli ultimi mesi. In questo contesto stanno prendendo piede soluzioni più o meno brillanti per risolvere o attenuare il peso di situazioni che non sono più sostenibili.
COME RISOLVERE QUESTA SITUAZIONE?
Uno degli strumenti ai quali si può ricorrere è la vendita della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto vitalizio in capo al venditore. Chi, proprietario di casa, si trova a corto di liquidità ed è magari non più giovane, può trovare utile vendere la proprietà dell’immobile, parallelamente garantendosi di rimanervi a vita. Esistono società specializzate in questo genere di affari che liquidano, sulla base del valore dell’usufrutto che viene calcolato con apposite tabelle, aggiornate costantemente sulla base del calcolo della durata media della vita umana, il prezzo della nuda proprietà, che viene prontamente pagato al titolare dell’immobile.
Costui potrà rimanere nella propria casa vita natural durante, ovviamente senza pagare nulla, proprio in quanto rimane titolare del diritto di usufrutto. Tale diritto consiste nel poter godere in proprio ovvero anche indirettamente il bene, facendone un uso pieno, limitato soltanto dal dover preservare l’integrità del bene.
Così se Tizio è proprietario di un appartamento a Lecco avente valore di 200.000 euro e ha 65 anni d’età, il valore del suo usufrutto, in base alle predette tabelle, elaborate in riferimento all’aspettativa della sua rimanente vita, è pari a 100.000 euro e quello della nuda proprietà è pari ai residui euro 100.000. Vendendo la nuda proprietà dell’appartamento, Tizio potrà incassare subito euro 100.000, continuando a restare nella sua casa fino alla fine della propria esistenza.
Ma cosa dire dell’ipotesi in cui Tizio avesse problemi a rimanervi perché privo di autosufficienza (dovendo alloggiare presso una casa di riposo) oppure semplicemente volesse cambiare aria, spostandosi in un altro appartamento situato in una località diversa?
Da questo punto di vista la titolarità dell’usufrutto garantisce di poter gestire diversamente l’immobile, che potrà essere anche locato a terzi, garantendo così un’entrata periodica legata alla percezione di un canone (magari a fiscalità agevolata, in regime di “cedolare secca”). E se vengono in considerazione marito e moglie? In questa ipotesi può giovare costituire l’usufrutto come congiuntamente facente capo all’uno ed all’altra. In parole povere, nel caso del venir meno di uno dei coniugi, l’usufrutto rimarrebbe pieno in capo al superstite tra i due, consentendogli di poter godere appieno il bene oppure di farlo godere ad altri, ricavandone un corrispettivo.
Certamente in questo modo non si fa ereditare la casa ai figli: una volta che i genitori, i quali avessero alienato la nuda proprietà, passassero a miglior vita, l’usufrutto si estinguerà senza altre formalità e il nudo proprietario prenderà pieno possesso del bene. Però ci si può sempre consolare osservando che è meglio non lasciare nulla che lasciare debiti.
Daniele Minussi